Tra il 1997 e il 2019, in Italia, gli stipendi medi sono diminuiti del 2,9%. Siamo l'unico Paese OCSE in cui è stata registrata una diminuzione. Anche guardando alla retribuzione reale media, cioè tenendo conto dell'andamento dell'inflazione negli ultimi anni, questa è diminuita del 6%. In questo caso, l'Italia è penultima solo prima della Grecia, in cui gli stipendi reali sono diminuiti del 18%.
Una prima ipotesi per spiegare questo fenomeno potrebbe essere che le retribuzioni siano calate a causa di un aumento dei profitti delle imprese. Tuttavia, come fatto notare dall'Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani, i dati smentiscono questa ipotesi.
Infatti, nello stesso periodo di tempo in cui i salari sono diminuiti, il reddito operativo lordo delle imprese, un indicatore dei profitti, è rimasto costante. In altre parole, a una diminuzione delle retribuzioni dei dipendenti non è corrisposto un aumento dei profitti delle imprese.
Questo rafforza ulteriormente una lettura del fenomeno legata alla perdita di produttività delle imprese italiane negli ultimi anni. Infatti, questa è sia alla base dei salari stagnanti che dei profitti delle imprese fermi.
La produttività in Italia nel periodo 1995-2016 è cresciuta mediamente a un modesto tasso annuo dello 0,3%, cioè è rimasta quasi immobile.
Una produttività stagnante si traduce in una difficoltà a crescere. In altre parole la maggior parte delle imprese, salvo eccezioni, non riesce a combinare in modo efficace i fattori produttivi che hanno a disposizione attraverso nuove idee e innovazioni sia tecnologiche che dei processi e dell’organizzazione.
Non è tutto. Profitti e stipendi bassi possono essere spiegati anche dalla scarsa presenza di dinamiche di concorrenza nel Paese che frenano l'innovazione e l'efficientamento dei processi, e riducono il potere contrattuale dei lavoratori. Un circolo vizioso da cui è difficile uscire.
fonte - web wii media
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