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"Morirai sola come un cane", le diceva la madre che per molto tempo fu incapace di capire il suo disturbo. Con una lettera aperta al Corriere della Sera, la scrittrice Susanna Tamaro, autrice del best seller "Va' dove ti porta il cuore" e ora di "Il tuo sguardo illumina il mondo", ha parlato per la prima volta del disturbo che la affligge da sempre.
"Soffro della sindrome di Asperger, è questa la mia invisibile sedia a rotelle, la prigione in cui vivo da quando ho memoria di me stessa. La mia testa non è molto diversa da una vecchia motocicletta. In certi momenti la manopola del gas va al massimo, in altri le candele sono sporche e il motore si ingolfa. Dentro di me ogni mattina apparecchio una tavola. C’è molto ordine nel mio disporre le stoviglie, prima il piatto, poi il bicchiere, il pane, le posate ai lati, in mezzo al tavolo la brocca dell’acqua, magari vicino un piccolo vaso con un fiore. Poi qualcuno, all’improvviso, dà un violento strattone alla tovaglia e tutto vola a terra con gran frastuono di metallo, cocci e vetri".
"Le cose che facevano gioire gli altri bambini mi lasciavano indifferente. Avvenimenti di cui gli altri bambini neppure si accorgevano mi provocavano strazi interiori. I miei capricci erano capricci metafisici, privi di oggetto. Mi buttavo a peso morto per la strada e mia madre era costretta a trascinarmi per un braccio. Diventavo rossa, viola, le vene della fronte gonfie, pronte a esplodere. Gridavo con quanto fiato avevo in corpo, mi divincolavo come un’indemoniata in preda a una rabbia fuori controllo. A queste crisi seguivano lunghi periodi di quiete atarassica. Il tempo necessario per apparecchiare nuovamente la tavola. 'Morirai sola come un cane!' gridava ogni tanto mia madre, esasperata dai miei comportamenti. Povera mamma, oltre a un primo marito più che disgraziato e un secondo psicopatico oltre che alcolista, ha avuto anche una figlia che era come una cassaforte di cui nessuno conosceva la combinazione. In un tempo poi in cui ai bambini era posta un’unica opzione — obbedire — come si deve essere vergognata di quella figlia fuori controllo, totalmente indenne dalla logica correttiva del castigo".
"E che cos’è che mi permette di sopravvivere alla fragilità dei miei giorni? Tutto ciò che è limitato, ripetitivo, stabile. Tutti i mondi in cui quello che accade è chiaro, senza possibilità di fraintendimenti. Praticare arti marziali, osservare le api, suonare il pianoforte, raccogliere quasi ossessivamente vecchie biciclette, passare ore a curarle per il senso di estatica meraviglia che provo davanti alla loro meccanica perfetta. Ho avuto anche la fortuna di poter costruire, intorno a me, un mondo a mia misura".
"Prima di morire mi ha regalato una scatoletta di legno con un cuore inciso sopra. Quando l’ho aperta, ho trovato al suo interno un biglietto scritto di suo pugno: «Ti voglio bene anche se non ti ho mai capita».
Susanna Tamaro
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