Foto di Josh Campbell
Un bambino ucraino, "in marcia", da solo, verso il confine della Slovacchia, verso una vita ignota, con l'incognita nel cuore.
Lungo la strada semina i singhiozzi e fissa i ricordi del suo breve passato.
Cammina in un limbo, la schiena incurvata, il passo stanco e trascinato. Dietro di sé lascia la sua famiglia, la sua casa, le sue abitudini, la sua scuola, tutto, anche se stesso.
Si aggrappa con la mano destra ad una busta trasparente che contiene pochi giocattoli, l'unico legame concreto con un passato già lontano, vivo in un presente troppo duro ed amaro. Con la mano sinistra stringe una tavoletta di cioccolata che non scioglierà mai il groppo in gola.
Non ha un cambio di vestiti puliti né un paio di guanti che gli riscaldino le mani, non ha la protezione che un padre sa dare, non ha le carezze rassicuranti di una madre. Non ha alcuna sicurezza.
Nonostante mi sforzi, non riesco ad immaginare il suo immenso dolore: non posso farlo. Quando ho visto questi fotogrammi mi si è spezzato il cuore.
Non esistono parole che possano descrivere l'incubo che sta vivendo questo bambino e che si somma a tutti gli orrori che le guerre generano, marchiando i ricordi.
Spero solo che qualcuno, un altro bambino o una mamma o qualsiasi altra persona, durante il viaggio l'abbia preso per mano e gli abbia detto: "non sei solo al mondo". Spero davvero che lui non lo sia. Nessun bambino dovrebbe esserlo.
© Chiara Porcelluzzi
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