La fondazione dell’antica città di Taranto (Тάρας)
Erano tante le città fondate dai greci in Italia, ma in poche raggiunsero lo splendore di Taranto, l’unica colonia Spartana in occidente. Molti illustri storici hanno tentato di ricostruirne l’antica storia, tra cui Antioco di Siracusa, Strabone, Pausania, Eusebio di Cesarea e tanti altri. Ma queste persone sono vissute secoli dopo la fondazione, quindi le loro interpretazioni posteriori hanno creato numerose versioni.
Una di queste, racconta che un certo Taras, figlio del dio dei mari Poseidone e della ninfa Satyria, veleggiava nei pressi di un corso d’acqua che, in futuro, avrebbe preso il suo nome. Infatti questo fiume è conosciuto tutt'oggi con il nome di Tara. Sarebbe poi approdato nelle coste italiche del Mar Ionio e lì si accingeva a compiere dei sacrifici in onore di suo padre, ringraziandolo per la buona sorte del viaggio appena intrapreso. Durante i sacri riti, gli apparve nelle stesse acque un delfino, cosa che prese come segno di buon auspicio. Glielo aveva mandato Poseidone stesso, e quella apparizione divina convinse Taras a fondare una nuova città nelle vicinanze, che chiamò Saturo, in onore di sua madre Satyria o, secondo altri, di sua moglie Satureia, la quale si diceva che fosse la figlia di re Minosse.
In seguito, sarebbe poi tornato sulla foce del Tara per compiere altri sacrifici in onore della nuova città fondata, ma improvvisamente cadde nell'acqua sotto lo sguardo attonito dei presenti. Il suo corpo non fu mai ritrovato, e cominciò a spargersi la voce che Taras fosse stato accolto nella corte di suo padre, nelle profondità dei mari. I suoi compagni costruirono un tempio in onore di Poseidone e di suo figlio.
Più di mille anni dopo la scomparsa di Taras e qualche secolo dopo La Guerra di Troia, il Peloponneso venne invaso da una popolazione guerriera molto feroce, che combatteva con armi invincibili fatte di ferro, contro le quali il più debole bronzo non poteva nulla. Questi guerrieri si chiamavano Dori, e secondo alcuni erano i figli di Eracle cacciati da Euristeo. Con la loro avanzata sterminarono tutti i popoli Achei e ne distrussero le più grandi città come Micene, Argo, Tirinto e Pilo. In due secoli, divennero i padroni indiscussi del Peloponneso e fondarono la loro città più importante vicino alle rovine della Lakedaimon micenea. Questa città venne chiamata Sparta.
Coloro che decisero di arrendersi, sarebbero vissuti sotto il dominio degli Spartiati come uomini liberi e sarebbero stati chiamati Perieci. Ma c'era un popolo fiero che decise di non sottomettersi, ovvero gli abitanti della Messenia. Gli uomini Spartani fecero un solenne giuramento, ovvero che non sarebbero tornati a casa finché non avessero vinto la guerra, cosa che spopolò Sparta di guerrieri, lasciando donne e bambini abbandonati a loro stessi.
Le mogli degli Spartiati, però, escogitarono un piano per ripopolare la città: convinsero l'alta aristocrazia a fare accoppiare le loro vergini con dei Perieci, in modo da assicurarsi una nuova generazione di uomini.
Dopo tanti anni, i guerrieri Spartani tornarono finalmente a casa portando con loro numerosi prigionieri destinati alla schiavitù, che sarebbero stati chiamati Iloti. Ma una volta varcate le porte della città, notarono la presenza di giovani uomini mai visti prima, ai loro occhi dei bastardi illegittimi senza alcun diritto. Gli Spartiati li avrebbero definiti "Partheni", i quali avrebbero vissuto perseguitati a lungo, finché uno di loro, Falanto, non organizzò una rivolta che sarebbe però finita male.
Gli Spartiati decisero di risparmiare i sopravvissuti che però furono esiliati, quindi costretti a cercare una nuova terra da colonizzare. Falanto divenne la loro guida.
La guida dei Partheni decise di consultare l'Oracolo di Delphi per sapere del suo destino e di quello della sua gente, e il responso fu questo: "Approderete nella terra degli Iapigi, contro i quali dovrete combattere. Potrete fondare una nuova colonia soltanto quando tu vedrai piovere dal cielo sereno".
Sconsolato da questo responso pieno di sventura, Falanto salpò con gli altri Partheni verso occidente, ma presto ci fu un naufragio che distrusse parte della flotta e sarebbe morto anche lui se non fosse apparso un delfino, sopra il quale salì in groppa. Venne quindi salvato da questo animale apparso dal nulla e portato sulle coste della terra degli Iapigi.
Una volta salpate sulla costa anche le poche navi rimaste, Falanto provò a muovere guerra contro gli Iapigi, ma venne disastrosamente sconfitto. Lui e i pochi superstiti trovarono rifugio sui promontori di Saturo, e li cercò consolazione da sua moglie Ethra. Appoggiò la testa sulle sue ginocchia, e si addormentò. Quando si svegliò, sentì delle gocce d'acqua cadergli addosso e quando alzò lo sguardo, si accorse che erano le lacrime di sua moglie, sconsolata per la malasorte a cui erano destinati. Falanto ripensò al responso dell'oracolo: "Potrete fondare una nuova colonia soltanto quando tu vedrai piovere dal cielo sereno". Il nome di sua moglie, Ethra, vuol dire "cielo sereno", così l'arcano fu svelato.
Nelle vicinanze, Falanto e i suoi fondarono una nuova città a cui diedero lo stesso nome di quell'antico eroe figlio di Poseidone: Taras, oggi conosciuta come Taranto. Questa città avrebbe poi raggiunto un impareggiabile splendore, al punto da diventare, si dice, la "capitale della Magna Grecia".
Sarebbe poi decaduta con l'avvento di una nuova forza proveniente da una città, si dice fondata da Enea dopo la sua fuga da Troia: Roma.
Tutt'oggi, però, Taranto ha conservato la sua antica identità, infatti il suo stemma rimane quello di un uomo in groppa ad un delfino mentre impugna un tridente.
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