VIRGINIA OLDOINI VERASIS CONTESSA DI CASTIGLIONE
Biografia:
Virginia Oldoini, contessa di Castiglione, la "divina Castiglione", "l'amica dei re", considerata la donna più bella del suo secolo, fu affascinante, intelligente, colta e scaltra, abile nella diplomazia e negli affari, e si servì del suo fascino non solo per i personali scopi seduttivi, ma anche per influire sulla politica del tempo.
Sono nata alla Spezia, mi sono sposata alla Spezia e voglio essere sepolta alla Spezia mia ingrata, ingiusta amata città, così scriveva la contessa ma, in realtà, Virginia Elisabetta Luisa Carlotta Antonietta Teresa Maria era nata a Firenze il 23 marzo 1837, figlia del nobile marchese spezzino Filippo Oldoini e della fiorentina Isabella Lamporecchi.
La Spezia, dove visse ma non fu sepolta, nonostante lo desiderasse, fu la città che molto amò e alla quale sempre pensò come al borgo natio, attratta con nostalgia dal Golfo dei Poeti, da lei romanticamente ribattezzato "Golfo di Ariel".
Per una presunta crisi mistica entra giovinetta alle Orsoline. Il suo ritiro dura poco. Con molti amori alle spalle, Virginia (detta Nicchia dal D'Azeglio) a 19 anni incontra il Conte Verasis di Castiglione, cugino di Cavour. Alta, bionda, di figura armoniosa e snella, una statua di carne, come la definì non senza invidia la principessa di Metternich, aveva gli occhi cangianti tra l'azzurro e il verde (alcuni sostengono che fossero addirittura viola) e il nasino all'insù. Non furono sufficienti gli avvisi allo sposo sulla libertà dei costumi della ragazza e la di lei ritrosia per le unioni vincolanti a fermare la cerimonia. Dalla breve unione nacque un figlio, Giorgio.
La coppia viveva a Torino e frequentava la corte, dove venne presto notata da Re Vittorio Emanuele II. Le sue relazioni amorose non cessarono, coinvolgendo anche i rampolli dei Doria. Cavour, vista la perspicace intraprendenza e intelligenza della donna, passò dalla disistima parentale al rispetto e ritenne fosse giunta l'ora di inserirla nelle sue trame segrete. Inviata in Francia col preciso scopo di frequentare la corte Imperiale, Virginia non tardò a farsi notare, non solo da Eugenia, ma dallo stesso Napoleone III.
Una volta l'imperatrice Eugenia de Montijo disse alla Contessa (che indossava un vestito trasparente - protetta solo da un grande cuore in posizione strategica) - Signora, voi avete il cuore troppo in basso..!!.-. Era il 1855 e il piccolo Piemonte si apprestava alla campagna di Crimea.
A Parigi le venne messa a disposizione una villa dalla quale partiva per incontrare Napoleone III. La sua infiltrazione a corte durata un anno stava per affievolirsi. La moglie Eugenia, si disse, fece organizzare dal capo della Polizia un finto attentato con la morte di un certo Cappelletti, ignaro italiano circuito sulle vere fasi dell'azione e sui fini politici. Rientrata in Italia cercò, in occasione della venuta dell'Imperatore (1859), di incontrarlo.
La sua richiesta di ritornare in Francia fu accolta, ma le fu consigliato di evitare la corte. Alle sue misere finanze ora si aggiungeva la causa di divorzio che il marito le aveva intentato con ampia documentazione sulle "scappatelle". La sua stella, ormai tramontata, la portò più volte in Francia sul luogo del "delitto", ma altre concorrenti, più giovani e più belle erano arrivate e la stella stessa di Napoleone III era in scadenza. Il suo ultimo ritorno in Francia, alla disperata ricerca d'un passato ormai lontano, coincise col 1870, anno della presa di Roma, della disfatta di Sedan e della definitiva caduta del Monarca Francese, ultimo dei corsi.
Dopo la tragica morte del marito non le restarono che i ricordi. Il 28 Novembre 1899, all'alba del nuovo secolo, moriva nella sua casa di Parigi, con gli specchi velati per non risaltare la sua sfiorita bellezza, senza clamore. Chiese di essere sepolta con la camicia da notte, leggera e preziosa che stava tutta nel pugno di una mano e che aveva indossato la notte di Compiègne, e i suoi gioielli. Nessuno dei suoi estremi desideri fu esaudito: ebbe una regolare funzione religiosa in presenza dei camerieri, di un duca e di un agente di cambio (un prestadenaro). Non indossò neanche la famosa camicia da notte, né i suoi gioielli, che furono prontamente sottratti dagli eredi. Subito dopo la sua morte la polizia e i servizi segreti frugarono tra le sue carte e bruciarono tutte le lettere e i documenti a lei inviati dalle massime personalità del tempo, re, politici, papi e banchieri.
E' sepolta al Père Lachaise, il cimitero monumentale di Parigi , come aveva ordinato il Re Umberto I. La tomba ora è stata completamente restaurata a cura del Premio Grinzane Cavour.
Un poeta anonimo le dedicò questi versi:
Ah la contessa riposa
su un letto di fiori e di trine,
colei che fu Aspasia e fu Frine,
giglio, anemone e rosa
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