Ne salvò 6mila e oltre. Chiune Sugihara, viceconsole giapponese in Lituania, vedeva arrivare profughi ebrei da ogni dove, dalla Polonia ed altre zone occupate dai tedeschi.
E così decise di aiutarli con l’unico che aveva: facendoli fuggire con dei visti per il Giappone.
Quando da Tokyo arrivò la direttiva di smettere, lui continuò. Si inventò ogni modo possibile per continuare a farli. Quei visti li scriveva di giorno, di notte. Continuò a farlo anche quando il consolato venne chiuso. Ritagliava tempo nell’hotel, poi in treno verso Berlino. Ogni visto era una vita salvata dai tedeschi. E Chiune ci riuscì a salvarne molte. Molte più di quelle che avrebbe potuto salvare da medico, dato che il padre, da ragazzo, lo obbligò a studiare medicina. Lui si rifiutò e sbagliò appositamente il test d’ingresso, per poi intraprendere la carriera diplomatica.
A lui, che nasceva in questo giorno, il primo dell’anno, in tanti devono la vita.
E a lui va il ricordo di tutti noi. Agli uomini giusti che la storia ci insegna a ricordare e ammirare.
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