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ULTIME DALLO SPAZIO -MARZO 2015

la Via Lattea si allunga E SI ALLARGA ( e non solo )



Nove galassie nane si aggiungono alla già numerosa lista delle galassie satelliti che orbitano attorno alla Via Lattea. La scoperta è stata ottenuta da un gruppo di astronomi di Cambridge dopo aver analizzato i dati pubblici della Dark Energy Survey. Si tratta di un risultato significativo, sia per l'astronomia che per la fisica, in quanto questi particolari oggetti rappresentano un banco di prova per verificare l’attendibilità dei modelli che prevedono l’esistenza della materia oscura.


Un gruppo di astronomi dell’Università di Cambridge ha identificato in un solo colpo ben nove galassie nane satelliti della Via Lattea. La scoperta, ottenuta grazie alle osservazioni realizzate dalla Dark Energy Survey (DES), potrebbe aiutare gli scienziati a svelare i segreti dell’enigmatica materia oscura, lo “scheletro cosmico” su cui sono “appoggiate” le galassie e gli ammassi.

Questi risultati segnano anche la prima scoperta, in un solo decennio, di un gruppo di galassie nane, piccoli oggetti celesti che orbitano attorno a galassie più grandi, dopo che ne sono state identificate qualche dozzina tra il 2005 e il 2006 nell’emisfero boreale. In questo caso, invece, la scoperta è avvenuta nell’emisfero australe in prossimità della Grande e Piccola Nube di Magellano, le due galassie nane più grandi e più conosciute che fanno parte del nostro sistema galattico. Gli astronomi sono arrivati all’identificazione dei nove oggetti analizzando i dati relativi al primo anno di osservazioni condotte dalla DES.



La distribuzione delle galassie satelliti della Via Lattea. L’immagine di sfondo è stata ottenuta nell’infrarosso dalla survey 2MASS. Credit: S. Koposov, V. Belokurov (IoA, Cambridge).

Per un periodo di cinque anni, la survey DES avrà lo scopo di fotografare una ampia regione del cielo meridionale con dettagli mai raggiunti prima. Lo strumento principale è la cosiddetta Dark Energy Camera (DEC) che, con i suoi 570 megapixel, rappresenta la camera digitale più potente del mondo in grado di catturare la luce emessa da galassie circa 8 miliardi di anni fa. Costruita al Fermilab, la camera digitale si trova ora installata presso il telescopio di 4m Victor M. Blanco situato al Cerro Tololo Inter-American Observatory nelle Ande cilene. Tra gli obiettivi principali della missione DES ricordiamo lo studio di 100.000 ammassi di galassie per determinare la “competizione cosmica” tra gravità ed energia scura; la misura della distanza di circa 4000 supernovae fondamentale per ricavare il tasso dell’espansione cosmica; l’analisi della luce di circa 200 milioni di galassie, distorta dall’effetto della lente gravitazionale, per studiare la distribuzione spaziale della materia oscura e la formazione delle strutture; la creazione di una enorme mappa del cielo relativa alla posizione di 300 milioni di galassie in modo da misurare la storia evolutiva dell’espansione cosmica.

I nuovi oggetti sono almeno un miliardo di volte più deboli della Via Lattea e circa un milione di volte meno massicci. La galassia nana più vicina si trova a circa 95 mila anni luce mentre quella più distante è a più di un milione di anni luce. Secondo gli autori, tre oggetti sono senza alcun dubbio galassie nane mentre gli altri potrebbero essere o galassie nane o ammassi globulari, quest’ultimi sono delle strutture stellari con proprietà osservative simili alle galassie nane che, però, non sono tenute insieme gravitazionalmente dalla materia oscura.



Le Nubi di Magellano e l’Auxiliary Telescopes presso l’osservatorio Paranal nel Deserto di Atacama in Cile. 

Nell’immagine sono presenti solo 6 delle 9 galassie identificate. Le altre 3 si trovano al di fuori del campo di vista. Nei riquadri sono mostrati gli oggetti più luminosi (Eridanus 1, Horologium 1 and Pictoris 1). Credit: V. Belokurov, S. Koposov (IoA, Cambridge). Photo: Y. Beletsky (Carnegie Observatories)
«La scoperta di tante galassie satelliti in una porzione così piccola del cielo è stata davvero una sorpresa», spiega Sergey Koposov dell’Istituto di Astronomia di Cambridge e autore principale dello studio. «Non credevo ai miei occhi». Le galassie nane rappresentano le strutture galattiche più piccole che siamo in grado di osservare, le più deboli delle quali contengono almeno 5000 stelle (per confronto la nostra galassia ne contiene qualche centinaia di miliardi). Il modello cosmologico CDM (Cold Dark Matter) predice l’esistenza di centinaia di galassie nane in orbita attorno alla Via Lattea ma la loro debole luce e le dimensioni molto piccole le rendono incredibilmente difficili da trovare, anche se stiamo parlando del nostro ambiente cosmico vicino.

«Queste nove galassie satelliti della Via Lattea rappresentano un risultato significativo sia per l’astronomia che per la fisica, anche in termini di materia oscura», dice Alex Drlica-Wagner del Fermilab, uno dei leader dell’analisi dei dati DES. Dato che esse contengono fino al 99% di materia oscura e l’1% di materia visibile, le galassie nane sono gli oggetti ideali per verificare l’attendibilità dei modelli che prevedono l’esistenza di questa misteriosa componente. Infatti, la materia oscura, che costituisce il 25% del contenuto materia-energia dell’Universo, è invisibile e perciò la sua presenza può essere rivelata tramite i suoi effetti gravitazionali.

«Le galassie nane satelliti sono l’ultima frontiera per verificare le nostre teorie sulla materia oscura», aggiunge Vasily Belokurov dell’Istituto di Astronomia di Cambridge e co-autore dello studio. «Abbiamo bisogno di trovarle per determinare se il nostro quadro teorico abbia una sua validità. Trovare un gruppo così numeroso di galassie satelliti vicine alle Nubi di Magellano è stato sorprendente e dato che le precedenti survey del cielo australe erano scarse, certamente non ci aspettavamo di imbatterci su un tale ‘tesoro’».



Le Nubi di Magellano e la distribuzione spaziale dell’idrogeno neutro. I riquadri mostrano l’immagine della galassia satellite più grande (Eridanus 2) e più piccola (Indus 1). Cedit: V. Belokurov, S. Koposov (IoA, Cambridge). HI image: M. Putman (Columbia)
Il “gioiello galattico” più vicino, che si trova a 97 mila anni luce nella costellazione del Reticolo, circa a metà strada dalle Nubi di Magellano, sta per essere disgregato a causa delle intense forze di marea che vengono esercitate dalla Via Lattea. L’oggetto più distante e più luminoso, situato a 1,2 milioni di anni luce nella costellazione di Eridano, si trova proprio ai margini della nostra galassia e sta per essere attratto dalla sua gravità. Secondo i ricercatori, l’oggetto sembra avere un piccolo ammasso globulare il che renderebbe la galassia come la più debole in assoluto e tale da possederne uno.

«Questi risultati sono molto intriganti. Forse, una volta questi oggetti erano delle galassie satelliti delle Nubi di Magellano e poi sono state scagliate fuori dall’interazione gravitazionale con la Piccola e la Grande Nube di Magellano. Può darsi che erano parte di un gruppo più numeroso di galassie che, insieme alle Nubi di Magellano, si trovano ora in una fase in cui stanno per essere attratte dalla Via Lattea», conclude Wyn Evans sempre dell’Istituto di Astronomia di Cambridge e co-autore della ricerca.

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a tal proposito pare proprio che .....




La Via Lattea sia più grande di quanto finora creduto 


La Via Lattea potrebbe essere almeno il 50% più grande di quanto stimato fino ad ora. Lo ipotizzano scoperte recenti che rivelano una forma del disco galattico sagomata in diverse increspature concentriche

La Via Lattea potrebbe essere almeno il 50% più grande di quanto stimato fino ad ora. Lo ipotizzano scoperte recenti che rivelano una forma del disco galattico sagomata in diverse increspature concentriche. La ricerca, condotta da un team internazionale guidato da Heidi Jo Newberg, professoressa presso il Rensselaer Polytechnic Institute, è basata sulla rivisitazione dei dati della Sloan Digital Sky Survey, che nel 2002 ha stabilito la presenza di un anello di stelle al di là della porzione di spazio che sapevamo occupato Via Lattea.


«In sostanza, quello che abbiamo trovato è che il disco della Via Lattea non è solo un disco di stelle lungo una superficie piana: è ondulato», ha detto Heidi Newberg, professoressa di fisica, fisica applicata e astronomia presso la Rensselaer School of Science. «Vediamo almeno quattro increspature nel disco della Via Lattea, e sebbene questi dati ci mostrino solo una parte della galassia, assumiamo che questo andamento si possa applicare a tutto il disco».


È importante sottolineare che i risultati mostrano che le forme precedentemente identificate come anelli fanno in realtà parte del disco galattico, estendendo l’ampiezza della Via Lattea da 100.000 anni luce a 150.000 anni luce, ha detto Yan Xu, scienziato presso il Osservatorio Astronomico Nazionale Cinese (che fa parte della Accademia Cinese delle Scienze di Pechino), ex scienziato in visita a Rensselaer, e autore principale dello studio.

«Addentrandosi nella ricerca, gli astronomi avevano osservato che il numero di stelle della Via Lattea diminuisce rapidamente circa 50.000 anni luce dal centro della galassia, e poi era apparso un anello di stelle a circa 60.000 anni luce dal nucleo galattico», ha detto Xu . «Quello che osserviamo ora è che questo anello è in realtà un’ondulazione interna al disco. E può anche darsi che ci siano più onde, che non abbiamo ancora visto, a distanze maggiori».

La ricerca, finanziata in parte dalla National Science Foundation (NSF) e dal titolo “Rings and Radial Waves in the Disk of the Milky Way” (letteralmente “Anelli e Onde radiali nel disco della Via Lattea”), è stato pubblicato oggi sulla rivista Astrophysical Journal. Newberg, Xu e i suoi collaboratori hanno utilizzato dati dalla Sloan Digital Sky Survey (SDSS) per mostrare un’asimmetria oscillante nei conteggi di stelle di sequenza principale lungo tutto il piano galattico, partendo dal Sole e guardando verso l’esterno dal centro galattico. In altre parole, quando si guarda verso l’esterno della Galassia rispetto al Sole, il piano galattico è perturbato verso l’alto, poi verso il basso, poi nuovamente verso l’alto e verso il basso.


“Estendere la nostra conoscenza della struttura della Via Lattea è di fondamentale importanza”, ha detto Glen Langston, program manager presso la NSF. “La NSF è orgogliosa di sostenere questo sforzo per mappare la forma della nostra Galassia estendendo le nostre conoscenze precedenti”.


La nuova ricerca si basa su una scoperta del 2002 con la quale Newberg ha stabilito l’esistenza del “Monoceros Ring”, una sovradensità di stelle ai bordi esterni della Via Lattea che si estende oltre il piano galattico. A quel tempo, Newberg notò la presenza di un’altra densità eccessiva di stelle, tra il Monoceros Ring e il Sole, ma non era in grado di indagare ulteriormente. Con la mole maggiore di dati disponibili dalla SDSS, i ricercatori hanno indagato nuovamente su questo mistero.

«Volevo capire che cosa fosse l’altra sovradensità», ha detto Newberg. «Queste stelle erano state considerate appartenenti al disco, ma non corrispondono alla distribuzione di densità ci si aspetta per stelle del disco, così ho pensato che potesse trattarsi di un altro anello, o di una galassia nana estremamente distorta».

Quando i ricercatori hanno analizzato nuovamente i dati, hanno trovato quattro anomalie: una a nord del piano galattico a 2 kilo-parsec (kpc) dal Sole, una a sud del piano a 4-6 kpc, una terzo a nord a 8-10 kpc , e una quarta a sud, a 12-16 kpc dal Sole. Il Monoceros Ring è associato alla terza increspatura. I ricercatori hanno inoltre scoperto che le oscillazioni sembrano allinearsi con le posizioni dei bracci a spirale della galassia. Newberg ha detto che i risultati confermano altre ricerche recenti, tra cui una teoria che mostra come una galassia nana o un addensamento di materia oscura passando attraverso la Via Lattea potrebbero produrre un effetto di increspatura simile a quelli osservati. Di fatto, le increspature potrebbero essere studiate per stimare gli addensamenti di materia oscura nella nostra galassia.


«È molto simile a quello che accadrebbe gettando un sasso nell’acqua: le onde si irradiano dal punto di impatto», ha detto Newberg. «Se una galassia nana passa attraverso il disco, attira gravitazionalmente il disco mentre entra, e lo trascina con sé mentre ci passa attraverso. Questo crea un movimento ondulatorio che si propaga verso l’esterno. Se questo risultato si osserva alla luce delle ricerche emerse negli ultimi due o tre anni, si inizia a vedere il quadro che si sta formando». La ricerca è stata finanziata dalla NSF, così come la National Science Foundation cinese e il National Basic Research Program della Cina.


Newberg attualmente studia la struttura e l’evoluzione della nostra galassia, utilizzando stelle come traccianti del disco e dell’alone galattico. Queste stelle vengono a loro volta utilizzate per tracciare la distribuzione di densità della materia oscura nella Via Lattea. Ha partecipato attivamente alla Sloan Digital Sky Survey, ed è attualmente a capo della partecipazione statunitense al Large Sky Area Multi-Object Fiber Spectroscopic Telescope in Cina (LAMOST), una partnership che ci permette agli astronomi americani di prendere parte a una survey di oltre 7 milioni di stelle.

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inoltre pare che .....

ci sia  acqua su Ganimede!!....Hubble conferma che  c’è

Gli scienziati stimano che il mare sia spesso 100 chilometri e si trovi sotto 150 chilometri di crosta, soprattutto ghiaccio. Di fatto questo risultato appare confermare un'ipotesi esistente già dal 1970, poi ribadita grazie alla sonda Galileo della NASA che ha misurato il campo magnetico di Ganimede nel 2002

La più grande delle lune di Giove si chiama Ganimede ed è una delle cosiddette lune medicee, come volle definirle il loro scopritore, Galileo Galilei. Ganimede è anche l’unica luna che ha un proprio campo magnetico, che produce, in stretta relazione con il campo magnetico di Giove, aurore ai suoi poli.

Grazie ad esse ma soprattutto grazie alla versatilità oltre che alla capacità del più famoso telescopio spaziale al mondo, l’Hubble Space Telescope, gli uomini della NASA hanno confermato l’ipotesi che Ganimede nasconda nel sottosuolo un oceano d’acqua ben più vasto degli oceani terrestri messi insieme.

«Questa scoperta segna una tappa significativa ed evidenzia le potenzialità di Hubble», ha dichiarato John Grunsfeld, amministratore aggiunto del Science Mission Directorate della NASA. «Nei suoi 25 anni di orbita, Hubble ha fatto molte scoperte scientifiche nel nostro sistema solare. Un oceano in profondità sotto la crosta ghiacciata di Ganimede apre ulteriori possibilità interessanti per la vita oltre la Terra».

Infatti, identificare l’acqua liquida è cruciale nella ricerca di mondi abitabili oltre la Terra e per la ricerca di vita, come noi la conosciamo.

Come abbiamo detto il campo magnetico di Ganimede è in relazione con quello di Giove e quando quest’ultimo cambia provoca un’oscillazione delle aurore sulla luna, una sorta di dondolio. Grazie a Hubble è stato possibile studiare questa oscillazione per conoscere meglio l’interno di questo satellite gioviano.

«Mi sono sempre chiesto come si possa usare un telescopio in altri modi», ha detto Joachim Saur dell’Università di Colonia. «C’è un modo si potrebbe usare un telescopio per guardare all’interno di un corpo planetario? Poi ho pensato, le aurore! Perché le aurore sono controllati dal campo magnetico, se le si osserva in modo appropriato, si impara qualcosa sul campo magnetico. Se si conosce il campo magnetico, poi si sa qualcosa circa l’interno della luna».

Se fosse stato presente un oceano di acqua salata, il campo magnetico di Giove avrebbe creato un campo magnetico secondario nell’oceano che avrebbe contrastato quello del pianeta gassoso. Questo “attrito magnetico” avrebbe dovuto rallentare il dondolio delle aurore. E in effetti questo presunto oceano sotterraneo “combatte” il campo magnetico gioviano così fortemente da ridurre il dondolio delle aurore a 2 gradi, invece dei 6 gradi stimati in assenza di questo oceano sotterraneo.

Gli scienziati stimano che il mare sia spesso 100 chilometri e si trovi sotto 150 chilometri di crosta, soprattutto ghiaccio. Di fatto questo risultato appare confermare un’ipotesi esistente già dal 1970, poi ribadita grazie alla sonda Galileo della NASA che ha misurato il campo magnetico di Ganimede nel 2002.

fonte - vai
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tanto per sapere ......

nell’Universo vi sono centinaia di miliardi di galassie. In una di queste, chiamata comunemente “Via Lattea”, c’è il nostro Sole, con il suo corredo di migliaia di oggetti che gli ruotano attorno, tra cui la Terra.


La nostra galassia è formata da circa 300 miliardi di stelle ed il Sole è una di queste. Ma dove si trova la nostra stella nella Via Lattea ?
Nella foto di sopra abbiamo usato una galassia simile alla nostra per cercare di dare al lettore l’idea della posizione del  Sistema Solare.
Come si vede, siamo piuttosto in periferia ….. Infatti il Sole è situato a circa 27.000 anni luce dal centro della Galassia, nel braccio di Orione, uno dei bracci a spirale della nostra Galassia, situato tra il braccio di Perseo (più esterno) e quello del Sagittario (più interno).
Poichè la nostra Galassia ruota attorno al proprio asse, anche il Sole si muove: compie un giro completo in circa 250 milioni di anni, alla velocità di 220 kilometri al secondo.







http://it.wikipedia.org/wiki/Via_Lattea
http://www.galassiere.it/vialattea.htm

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